
Kenya. Ci sono le case di paglia e la terra è arida. Tre giovani mostrano la cartina dell’Africa. Giobbe Covatta – il documentario è “Sono stato negro pure io” – mette in scena il suo piccolo Tg Africa e dà una prima notizia. Il tema è l’acqua. “Un acquedotto arriva a Uamba. La Coca Cola chiede i danni e fa causa”, questo il titolo. Poi manda il servizio. La voce narrante, ipoteticamente di Solìta, la bambina che accompagna Covatta nel suo viaggio africano, racconta: “Sembra incredibile ma qui da noi è molto più facile trovare la Coca Cola che l’acqua. E ame piace anche molto di più”. Covatta ribatte: “Mi sono sempre chiesto come facciano i distributori a far arrivare la Coca Cola nei posti più incredibili del mondo. Ci sono posti dove per far arrivare un medico ci vogliono tre settimane?! La Coca Cola c’è!”, Solìta: “E costa 2 centesimi a bottiglia, mentre l’acqua costa più di 2 euro”. L’azienda, che ruba ai poveri per dare ai ricchi, è stata accusata di violazione dei diritti umani, di connivenza con i regimi dittatoriali di molti paesi in via di sviluppo, di sfruttamento intensivo di lavoratori, di sfruttamento del lavoro minorile. Ma ritornando alla questione “acqua”, “la Coca Cola – scrive Gustavo Castro Soto, ricercatore del Ciepac (Centro di Ricerche e Politiche di Azione Comunitaria) di Cristòbar de las Casas (Messico) – è responsabile della mancanza d’acqua in alcuni luoghi o dei cambiamenti nelle politiche pubbliche per privatizzare il prezioso liquido e impossessarsi delle falde acquifere”. A questo proposito, rispuntano inevitabilmente i concetti di “modernità” o “post-colonialismo”: il marxista sardo e pensatore mediterraneo Antonio Gramsci ha sottolineato che la battaglia o il conflitto non è tra tradizione e modernità, ma tra subalternità ed egemonia e la modernità sembra sistematicamente in guerra con il mondo. La sua teologia, l’accumulazione spietata del suo progresso, ottiene auto conferma in ciascun angolo del pianeta tramite l’incorporazione, la cannibalizzazione, persino l’annullamento di qualsiasi costa resista alla sua stretta. La Coca Cola, ottavo gruppo alimentare al mondo, collabora intensamente alla vendita di Nestea e Nescafè con la Nestlè. Negli impianti di imbottigliamento, soprattutto in India e Colombia, fa uso del lavoro minorile. Nel luglio 2001 invece, il Sinaltrainal, sindacato dei lavoratori dell’industria agroalimentare colombiano, ha depositato una richiesta di incriminazione contro la bevanda per violazione dei diritti umani. “Sul o’ dolore te può far capi’ chi si. Sicuro ca’ e’ bombe me fanno paura. Ma e’ multinazional ca’ si magnano o’ sangue re criature?”, denuncia in “Pistole puttane e coca cola” il rapper napoletano Lucariello, cresciuto tra le vele di Scampia. Il musicista avvicina nel pezzo la condizione di violenza cui sono sottoposti i bambini dei paesi poveri a quella di alcuni bambini italiani, coinvolti in “una cultura della violenza, dove il bene e il male si confondono”.
Roberta Migliaccio